Seminato Veneziano

Pietro Svetlich
3 min readNov 22, 2020

-Il Seminato Veneziano come le Vigne. Il Mosaico, composto da rombi disposti in cerchio simbolo degli strumenti e del lavoro continuo nella Vigna. La Natura che ogni anno ci giocava sopra a dadi fino alla Vendemmia.

Mosaico e Seminato Veneziano.

Il Seminato Veneziano corrispondeva alle Vigne e la Natura ci giocava sopra ai dadi contrastando l’impegno dell’Enologo in attesa della Vendemmia. Coltivare la vigna era solo una parte del lavoro. Si poteva immaginare che fare il vino, aspettare l’uva fino a Settembre fosse come ribattere le mosse della Natura in una partita a dadi. Come era bello quel pavimento di seminato veneziano. Posato da terrazzieri veneziani nel 1880 e arrivato intatto ai giorni nostri. Oltre alla bellezza dei piccoli ciottoli multicolore c’era il mosaico divenuto simbolo dello spumante prodotto in Tenuta. Come il pavimento era l’ingresso e la base, così lo spumante era l’ingresso e la base della linea dei vini della Tenuta. Il lavoro di tutto l’anno, la posa, le particelle, ognuna disposta, lucidata, controllata e poi l’incoscienza e la fede che servivano per arrivare alla Vendemmia. L’alea delle mosse della Natura avvolgeva le Vigne, sopportare lanci di dadi devastanti come una grandinata o continui come una notte con troppa pioggia. L’enologo non avrebbe voluto giocare ai dadi, non voleva essere tratto per la Vigna come una coppia di dadi sul seminato veneziano ma non poteva fare altrimenti. Tante volte a fine giornata si sedeva in quella stanza, posava una bottiglia sul tavolo e osservava i piccoli pezzi di marmo che componevano il mosaico, come le particelle di merlot, di tai, di pinot grigio, piantate 100, 80, 70 anni fa, tutte sommate, componevano la Tenuta. Lavoro, fatica e impegno averle seminate e coltivate. Scommesse vinte contro la Natura essere riusciti a Vendemmiare e a imbottigliare.

“Buona Ventura” e “I Bari”. Caravaggio.

Quel che fisicamente colpiva l’enologo e lo sfiancava era la ripetitività di quelle scommesse contro, che non gli giovavano. Doversi rassegnare al fatto che non dipendeva da lui, per quanto impegno, dedizione, amore ci mettesse. Poteva tenere la vigna pulita, passare per i trattamenti dopo ogni acquazzone, controllare i tralci, il cambio di colore degli acini, ma per arrivare alla Vendemmia non bastava lavorare, doveva subire quelle scommesse.

Poteva contare sulla forza silenziosa del Ribelle. L’Enologo stesso si sentiva come il dado, tratto sul pavimento, cercando di far apparire il lato corretto con le giuste incisioni per ribattere alle mosse della Natura. In quei momenti, per tutto incerti, anche il Ribelle perdeva la sua pace, la sua quiete. La sua disciplina e la sua visione erano oppresse dall’Alea che si associava alla Natura contro di loro. Si erano dati delle regole per curare la Terra, non le avrebbero mai infrante, quando sentivano i dadi rotolare sul seminato avevano paura perchè rischiavano di perdere tutto. La Natura lanciava i dadi e non si curava del risultato, loro, come i dadi che ruzzolavano tra i ciottoli del seminato e sul mosaico si lanciavano nelle Vigne per rimediare.

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